PAROLE [34] - Patofisiognomica

Patofisiognomica è una di quelle (tante) parole quasi impronunciabili. Io mi devo impegnare per scandirla bene, dopo averla letta mentalmente. SI distingue dalla più nota "psicofisiognomica" che è lo studio della forma e dell’espressione. Essa prende in considerazione la forma del corpo e del viso. Può anche essere chiamata lo “specchio della nostra personalità”. Ogni organo ha una zona di espressione distinta sul viso.

Invece la parola che ci porta a questo pezzo ha a che vedere con la diagnosi di un disturbo partendo dai segni corporei. Da questa semplice introduzione si evince quanto possa essere interessante l'argomento.

Infatti, la patofisiognomica è una disciplina antica il cui nome viene attribuito per primo ad Aristotele, nel Medioevo molti autori si sono dedicati all'analisi e all'interpretazione dei lineamenti del volto. Anche Paracelso ha utilizzato la lettura del volto e del cranio per comprendere l'essere umano, e a partire dal XVI secolo, questa disciplina ha goduto di una certa considerazione, tanto da essere insegnata nelle università. La Patofisiognomica (dal greco physis “natura” e gnosis “conoscenza”) conosciuta anche come Visologia, è un metodo non invasivo che analizza i segni visibili sul volto al fine di individuare eventuali squilibri bioenergetici e funzionali. Può essere utilizzata in chiave bioenergetica (secondo la medicina umorale di Ippocrate o secondo la MTC cinese), in chiave ormonale, clinica, posturale, ecc.  

È una metodica di prevenzione primaria che “diagnostica” potenziali disfunzioni e patologie metaboliche, psichiche e strutturali prima che queste si manifestino. L’osservazione dei tratti somatici: linee, rilievi, rughe, colorazioni, rappresenta uno strumento fondamentale per la comprensione dell’individuo secondo una visione olistica dell’uomo.

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Immagine: Face by Pixabay

Testo riportato: da intervento del dott. Umberto Villanti