Le emozioni nell'altro

Le emozioni altrui, è così importante saperle riconoscere?

Beh, è affascinante e non sempre così semplice come potremmo essere portati a pensare. Nella mia vita e nell’attività professionale è sempre di più una componente di grande peso, e ne sono via via sempre più consapevole. Mi sono gustato, prima di Natale, un filmato su Rai 4 che si occupava tra l’altro delle varie espressioni facciali secondo i dipinti di un grande pittore-decoratore del 1600 (C. Le Brun). Ho così potuto scoprire come la domanda iniziale fosse presente da secoli nell’umanità. Chissà quanto indietro dovremmo andare. E l’artista citato, che ha speso molto di sé nel cercare di capire e immaginare, ha dato vita nella fucina francese, sempre attivissima, ad un corso artistico culturale di grandissima importanza sviluppato poi da molti altri pittori. Guardando proprio alla foto in questione (immagine 1) ci sono varie espressioni che sono esplicative. Non dissimili da molte immagini degli anni correnti.

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Immagine 1 (da Le figure delle passioni. Conferenze sull'espressione e la fisionomia - Charles Le Brun)

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Ho così trovato conferma, ancor di più, che le espressioni facciali, dette emozionali, sono innate, come pure i suoni non verbali e le modificazioni posturali. E tutto questo compone un bagaglio di strumenti/risorse che sono utili ad ognuno di noi per partecipare al dialogo con gli altri, per comunicare genuinamente, per dire quali siano le proprie emozioni.

In realtà si tratta di un linguaggio che diventa ponte verso gli altri e che quindi ha alta valenza sociale. Ne siamo coinvolti appieno, e hanno una forte funzione le nostre aree cerebrali, in particolare l’emisfero destro e l’amigdala. Il primo è campione di riconoscimento delle emozioni, in particolare quelle negative; la seconda primeggia per il riconoscimento delle “emozioni facciali”, oltre che essere molto coinvolta nell’intravedere situazioni di pericolo/minaccia (mandorla-alert).
Ci sarebbe da scrivere molto poi su temi dei neuroni specchio e dell’empatia. Tocco brevemente solo il primo con riferimento alla cosiddetta “simulazione incarnata” e ad un incipit di D. Stern che ha scritto: “la nostra vita mentale è frutto di un dialogo continuo con le menti degli altri …”. I neuroni specchio sono stati scoperti di recente negli anni ’90, da studiosi italiani.

Essi hanno una proprietà straordinaria che è quella di attivarsi sia quando facciamo qualcosa, compiamo un incarico o un’azione, sia quando osserviamo le stesse cose compiute da altri.

Ciò vale anche per le emozioni.

In pratica se noi osserviamo azioni fatte da persone che ci somigliano, per esempio per appartenenza, portiamo il nostro cervello ad attivare gli stessi circuiti neuronali che ne controllano l’esecuzione, provocando una simulazione automatica, da cui l’aggettivo “incarnata”.

Non è fantastico?

Gianni Faccin