Emozioni-ponti

Mi fa piacere cominciare l’anno nuovo scrivendo di emozioni.

E’ un argomento sul quale potremmo fermarci a lungo, come nel caso di temi quali la comunicazione o la motivazione.

Rimetto in moto il blog partendo dalle emozioni, non soltanto perché gli ultimi mesi sono stati per me molto “emozionanti” oltre che significativi, ma soprattutto perché ho potuto toccare con mano come le emozioni rappresentino per noi umani molto, molto di più di quello che crediamo.

E invece brilliamo costantemente per la banalizzazione che ne facciamo, pensando forse di celare la cattiva gestione che riserviamo loro.

Invece no, le nostre emozioni ci fanno vivere, e intensamente. Ci sono indispensabili, che siamo consapevoli di ciò oppure no. Esse possono costituire veri e propri “ponti” verso gli altri.

Occorre quindi, ed è quello che cercherò di fare con questa riflessione, provare a dare il giusto peso alle cosiddette emozioni, cercare di capire come riconoscerle in se stessi e poi come riuscire a riconoscerle negli altri.

C’è grande correlazione tra emozioni e motivazioni. Sappiamo che le motivazioni sono condizioni che decidono la direzione e l’intensità del nostro comportamento. Pensiamo a quando abbiamo un grande desiderio di leggere un libro o di fare un giro nel bosco a come ci organizziamo per riuscire a farlo. Orbene le emozioni fanno lo stesso, in quanto riescono ad attivare e a dirigere allo stesso modo il nostro comportamento.

Un semplice esempio? Il riposo dopo una faticaccia: esso è una potente motivazione, ma è anche una potenziale fonte di soddisfazione. La differenza sta nell’origine delle leve: quella emozionale proviene dall’esterno, mentre quella motivazionale proviene dal nostro interno.

Ma veniamo al rapporto tra emozioni e comunicazione, che considero essere un rapporto chiave.

La questione è che esiste una importante relazione tra emozioni e comunicazione con impatto rilevante sul nostro comportamento. Questo perché le emozioni e il comportamento sono a loro volta due dimensioni strettamente collegate che si influenzano reciprocamente.

Quindi non comunichiamo soltanto con il linguaggio verbale o scritto, ma con ogni parte del nostro corpo.

Se verbalmente e con la scrittura è più facile riportare i nostri pensieri, i ragionamenti, le storie e le descrizioni, con il corpo, e con alcune sue parti in particolare, noi comunichiamo e lo facciamo trasmettendo codici emotivi, quasi sempre in modo spontaneo.

E’ cosa nota? Certamente, è nota. Ma è talmente nota da essere spesso sottovalutata. E questo è un male, perché ci impedisce di vivere appieno le relazioni, sia con noi stessi sia con gli altri. Ci viene tolta la possibilità di rendere felici gli altri e anche noi stessi.

Pensiamo agli occhi, allo sguardo, ai movimenti delle sopracciglia, della bocca o più in generale alle espressioni dei visi. Le espressioni facciali che si producono in ogni momento accompagnano l’emozione provata e hanno lo scopo di comunicare l’emozione stessa stimolandola in coloro che la ricevono.

Questa cosa è importante e ci deriva già dall’antichità, giacché gli scienziati sono tutt’oggi convinti – secondo quanto ci ha tramandato C. Darwin - che comunicare le emozioni aveva la funzione importantissima di salvaguardare la sopravvivenza della specie. Del resto è provato che si tratta di qualcosa di innato e che si modella con l’evoluzione umana, e una dimostrazione è data dalla cosiddetta “universalità delle espressioni emozionali-facciali”, che si ripetono ovunque e nel tempo indipendentemente dalla cultura in cui un soggetto è stato o viene cresciuto.

In conclusione di questa prima argomentazione, è chiaro che noi comunichiamo intensamente ed efficacemente con le nostre emozioni.

L’abbiamo fatto fin da piccoli quando abbiamo osservato l’espressione materna – se fosse gentile o no – prima di afferrare un oggetto, magari appartenente ad altri oppure pericoloso. L’abbiamo fatto da genitori quando abbiamo espresso a nostra volta quello che provavamo, magari con una smorfia o con un sorriso, ai nostri piccoli.

Le nostre emozioni tradotte in espressioni, per esempio facciali, diventano importante veicolo comunicativo e di trasmissione di informazioni, importante a tal punto che, anche in fase adulta, la sola espressione del nostro viso può modificare direttamente il comportamento di altri soggetti. E viceversa.

Un tipico esempio: in un team aziendale, durante una accalorata discussione lavorativa, a fronte di alcune proposte operative presentate con entusiasmo da alcuni colleghi, il capo team ascolta attentamente e poi, rimanendo silenzioso, produce una espressione del viso che pare di freddezza o indifferenza, situazione che ingenera immediatamente nel gruppo di colleghi uno stato di “allerta” a cui seguirà facilmente un atteggiamento comune di sfiducia e demotivazione, con conseguente raffreddamento degli iniziali entusiasmi. L’esemplificazione vale ovviamente anche al contrario.

Dunque, è importante che teniamo ben presente la funzione delle emozioni, anche quale approccio comunicativo. E sarebbe auspicabile farlo costantemente, nella quotidianità, in ogni occasione.

Con l’espressione delle emozioni possiamo facilmente creare tra noi e le persone muri, anche inavvertitamente. Ma possiamo costruire anche importanti ponti.

E sappiamo bene quanto bisogno ci sia.

Gianni Faccin