Diversi approcci nel counselling

Galileo Galilei disse: "Non puoi insegnare qualche cosa ad un uomo. Puoi solo aiutarlo a scoprirla dentro di sé”.

E' così. E il detto di Galilei esprime l'essenza del counselling, il quale come ogni disciplina che si rispetti presenta diverse interpretazioni in rapporto ai diversi approcci che lo caratterizzano.

In effetti vi sono molti approcci, in rapporto anche all’evoluzione storica della psicoanalisi e all’evoluzione culturale. In sintesi essi sono i seguenti (ne riporto i principali): psicodinamico, umanistico, comportamentale, cognitivo, relazionale-sistemico, gestaltico e integrativo.Vediamoli singolarmente.

Psicodinamico

L'approccio psicodinamico deriva dalla concezione freudiana e junghiana delle dinamiche psicologiche. Freud, che ha fondato la psicoanalisi, propone quale strumento di comprensione della follia, la sua intrusione definitiva nella normalità, nel senso che il confine, chiaramente definito dagli psichiatri da presunti deficit fisiologici e cerebrali, tra normalità e malattia, viene dilatato, in quanto sono considerati i processi evolutivi, le resistenze e le emozioni rimosse durante un periodo continuo di evoluzione, le cause di problematiche psicotiche e nevrotiche.
Nella concezione psicodinamica il disturbo mentale, ovviamente quello non dipendente da chiarite deficienze organiche, deriva generalmente da un inadeguata risposta alla realtà causata da meccanismi di difesa assunti in periodi critici, spesso dell'età infantile, e divenuti poi disfunzionali nei successivi periodi evolutivi.
Il lavoro terapeutico consiste nel far riaffiorare, attraverso tecniche quali l'associazione libera, l'interpretazione del materiale simbolico come i sogni, l'elaborazione del transfert, che è la proiezione di figure affettive sulla persona del terapeuta, le radici del conflitto che hanno causato le difficoltà di relazione con il mondo reale.

Umanistico

La definizione di “approccio umanistico”, fu coniata nel 1962 da un gruppo di psicologi, guidati da Abraham Maslow, durante l’atto di fondazione dell’Associazione di Psicologia Umanistica, il cui programma prevedeva di “studiare le dinamiche emozionali e le caratteristiche comportamentali di un’esistenza umana piena e vitale”. La psicologia umanistica affonda le sue radici nella versione americana del romanticismo e nel pensiero del filosofo R. W. Emerson. Il manifesto della “Associazione di Psicologia Umanistica” prevedeva alcuni punti fondamentali come segue.
L’elemento primario della psicoterapia é la persona, studiata nella sua interezza, oltreché l’esperienza e la comprensione, come oggetto e strumento di indagine, che relega in un ruolo secondario sia le interpretazioni, sia il comportamento manifesto.
In contrapposizione ad una visione dell’essere umano meccanicista e determinista, é necessario valorizzare l’autorealizzazione, la creatività, le scelte.
Valorizzazione della dignità della persona e dello sviluppo del suo potenziale latente.
Grazie all’iniziativa di Maslow e Rogers nacquero o aderirono nuove correnti psicoterapeutiche (rogersiana, gestaltica, bioenergetica, analisi transazionale) che, seppur diverse tra loro, serbavano un comune denominatore: l’attenzione all’emozione e all’esperienza.
Un’altra innovazione apportata dalla scuola umanistica consiste in un ampio uso della terapia di gruppo, del gruppo esperienziale e del gruppo d’incontro.

Comportamentale

L’approccio comportamentale si rifà all’analisi del comportamento nei suoi rapporti con gli stimoli ambientali, agli inizi del 1900.
Nel 1903 Ivan Pavlov, fisiologo russo, premio Nobel per la medicina nel 1904, presenta i suoi dati sui riflessi condizionati.
Dimostra che si possono indurre modificazioni fisiologiche e comportamentali con l’associazione di stimoli ambientali.
Il suo esperimento più noto riguarda la salivazione che viene indotta nei cani dal suono di un campanello dopo che l’arrivo del cibo è stato più volte associato con il suono dello stesso.
Analogamente a quanto avviene per i cani nell’esperimento di Pavlov, anche nell’uomo si possono indurre modificazioni del comportamento per una associazione di stimoli che prescinde dal ragionamento e dalla comprensione del linguaggio verbale.

Cognitivo

L’approccio cognitivo é al momento attuale una delle più note e diffuse forme di psicoterapia, estensivamente applicata per il trattamento di molti tipi di disturbi psicologici e psichiatrici (in particolare nella gestione dei disturbi d'ansia e dell'umore, e come trattamento di supporto o complementare nei disturbi della personalità, nelle psicosi).

I suoi tassi di efficacia, a livello di riduzione sintomatologica in diverse forme psicopatologiche, sono valutati come buoni, e sono a volte usati come parametro funzionale di riferimento per altri tipi di psicoterapie.
Il primo incontro con il terapeuta, in genere, é caratterizzato da intensi vissuti emotivi da parte di entrambi, ma mentre il paziente può esprimerli in modo diretto, il terapeuta deve controllarli. Al terapeuta vengono attribuiti ruoli e funzioni che slittano continuamente e repentinamente, anche all’interno della stessa seduta, tra svalutazione, disabilitazioni e aspettative magiche di interventi immediati e salvifici. Il più della volte il terapeuta percepisce una forte discrepanza tra i propri valori, credenze e aspettative e quelli del paziente. L’abilità del terapeuta consiste nel favorire lo strutturarsi di una relazione interpersonale che risponda a una duplice esigenza di far sentire il paziente accolto, ascoltato e compreso e nello stesso tempo lo contenga e lo vincoli alle regole di base delle più elementari forme di comunicazione e interazione sociale. Solo quando il paziente si sente sufficientemente protetto e sicuro é nelle condizioni di utilizzare la relazione con il terapeuta come strumento di conoscenza e cambiamento. Prima che ciò avvenga il terapeuta è sottoposto a una serie di agiti volti a verificare la sua congruenza e la sua coerenza, soprattutto nel tentativo di destabilizzare il contesto.
A differenza di altri terapeuti (es. psicoanalisti), il terapeuta cognitivista è attivamente impegnato nella conversazione con il paziente. Durante i colloqui, inoltre, utilizza una serie di procedure e tecniche sia cognitive, che comportamentali, al fine di individuare e modificare le convinzioni disfunzionali del paziente e di favorire nuove modalità di gestione della sofferenza. Il terapeuta sceglie la tecnica da usare in base alla natura del disturbo, alla fase della terapia, agli obiettivi terapeutici e a quanto la persona é motivata a cambiare.

Relazionale - Sistemico

L’approccio relazionale o sistemico focalizza l’attenzione sul processo interattivo e comunicativo in corso tra i membri di un sistema. Per sistema si intende un complesso di componenti in interazione reciproca. La teoria che è alla base della terapia sistemica è che il comportamento è funzione della relazione. La tendenza dei sistemi interattivi ad organizzarsi secondo regole (le relazioni presentano delle regolarità che diventano prevedibili perché tendono a riproporsi con frequenza) è evidente soprattutto in quei sistemi che si fondano su una rete abituale di rapporti che ne garantiscono un certo grado di continuità e stabilità. Esempio di questi sistemi è la famiglia, gruppi di amici, colleghi di lavoro classi scolastiche. Alcuni sistemi interattivi presentano una sufficiente flessibilità delle regole di relazione interne, altri invece una particolare rigidità che impedisce adeguati mutamenti in risposta all'emergere di nuove tendenze evolutive. E’ in questi ultimi sistemi che compaiono più facilmente manifestazioni di sofferenza o di patologia con comportamenti sintomatici. Il sintomo, quindi, non è il prodotto di una mente folle ma coinvolge l’intero sistema di appartenenza dell’individuo. La diagnosi in questa terapia, anche se è solo un individuo a manifestare comportamenti sintomatici e patologici, cerca di mettere in luce il significato del sintomo all'interno del contesto e l’intervento terapeutico mira a favorire il riassorbimento del sintomo stimolando un cambiamento del sistema che renda lo stesso sintomo inutile.

Gestaltico

L’approccio gestaltico nasce dalla teoria della corazza caratteriale di Reich, della teoria del campo di Lewin, dall’Olismo, dell’Esistenzialismo, dalla Fenomenologia, e anche da alcune filosofie orientali.
La terapia della Gestalt implica l’utilizzo di una posizione fenomenologica da parte del terapeuta, il quale s’impegna ad assumere un atteggiamento descrittivo dei fenomeni che accadono nel contatto, piuttosto che ricercare delle ipotesi interpretative che facciano riferimento al passato del cliente. Tale prospettiva nasce dalla convinzione che la persona sia la “somma dinamica” di ciò che essa ha vissuto, di ciò che vive e delle possibilità che intravede per il suo futuro, e che tale “somma dinamica” sia osservabile solo nel “qui ed ora” mediante l’utilizzo delle funzioni del contatto, che in terapia sono il guardare, l’ascoltare, il muoversi, il sembrare e il toccare.
Secondo Perls, un bisogno insoddisfatto costituisce una Gestalt incompiuta che richiede completamento, di modo che si possa ristabilire uno stato di appagamento. Il processo attraverso il quale l’individuo esperisce il mondo e dà soddisfazione ai propri bisogni é definito ciclo del contatto o ciclo di esperienze.

Il terapeuta gestaltista quindi osserva i modi di fare esperienza del proprio cliente e cerca di intervenire e restituire fluidità al ciclo del contatto laddove il passaggio tra una fase e l’altra é irregolare o avviene bruscamente. I diversi momenti del ciclo di esperienze sono il ritiro, la sensazione, la simbolizzazione, la mobilitazione dell’energia, l’azione, il contatto e poi di nuovo il ritiro.
Il disturbo o la disfunzione del confine–contatto é mantenuto dai diversi modi di resistenza e di adattamento al contatto, e da uno sfruttamento insufficiente dei vari sistemi di sostegno. I modi di resistenza e di adattamento al contatto sono la desensibilizzazione, la deflessione, l’introiezione, la proiezione, la retroflessione, l’egotismo e la confluenza, mentre i sistemi di sostegno sono quello interpersonale, cognitivo e biologico.

Integrativo

Discorso particolare va fatto per questo approccio che integra come dice il nome diversi approcci. Esso "tenta" di miscelare approcci terapeutici vari. Tale prospettiva ha goduto di alterne fortune a partire dagli anni settanta ( Egan). La chiave di lettura è che vi sono diverse persone con diverse problematiche e quindi con diverse necessità rispetto alle tipologie di aiuto.

In un altro articolo - a seguire - proverò a sintetizzare con parole chiave il senso di differenziazione di ciacun approccio.

Gianni Faccin

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Bibliografia - Fonti

1) La motivazione comunitaria e il counselling – G. Faccin - G.E. L’Espresso 2013

2)  Introduzione al counselling – D. Toneguzzi - edigestalt 2007