Counselling di comunità

Come possiamo definire il Counselling di comunità (o comunitario)?

Mi piace portare l'esempio del "maestro", come ben rappresentanto da Luciano Manicardi, Priore di Bose: "ll maestro sa trasmettere un'eredità. Non è colui che si sostituisce all'altro dicendogli che cosa deve fare o che scelte deve compiere. Anzi, è colui che fa nascere nell'altro la fiducia in se stesso, la fiducia di avere tutta la capacità per scegliere, decidere e reggere la propria esistenza".  

E nella immagine inserita è ben rappresentato (almeno in parte) da quel "maestro" che si lascia coinvolgere, nel rispetto di un ruolo ben preciso ed autorevole, dalla classe di alunni, che a sua volta costituisce un gruppo formale e organico, una particolare comunità, ma che è composta da tante personalità distinte, importanti e aventi ciascuna uno speciale statuto di bisogni, desideri, domande e sogni.

Si avvicina molto il "maestro" al "counsellor di comunità".

E' un'attività, quella svolta dal counsellor di comunità o comunitario o detto anche counsellor sociale, che  opera all’interno delle relazioni sociali come “sensore” delle dinamiche relazionali tra i gruppi all’interno del tessuto sociale, non solo in contesti formali, ma anche informali che richiedono modelli elastici e flessibili di approccio relazionale. E’ un modello di intervento che richiede modalità specifiche di comunicazione per il contatto diretto e privilegiato con certi gruppi difficilmente raggiungibili attraverso i classici modelli operativi dei servizi.    (1)

Nella mia personale esperienza ho notato che devono coesistere al riguardo diverse dimensioni e vari elementi chiave. Eccone specificata di seguito una cernita che ben si attaglia alla mia visione:

- Lavoro di comunità

- Guida relazionale

- Partecipazione

- Persona al centro

- Professionalità

- Relazione d'aiuto

- Senso di comunità

- Sviluppo del lavoro di rete

- Volontariato

.

Lavoro di comunità

Si parla sempre più spesso di «lavoro di comunità». Sotto due visuali. Da una parte, si intende la capacità delle comunità locali di realizzare autonomamente forti iniziative per la soluzione di propri problemi o innestare processi di cambiamento importanti. Dall’altra, si indica la capacità di singoli operatori di promuovere progetti di rigenerazione comunitaria. In questa seconda via, il lavoro di comunità è un preciso approccio professionale, ad alto contenuto relazionale. Ma attenzione, l’elemento irrinunciabile per un autentico lavoro di comunità è la partecipazione. Il coinvolgimento reale delle persone, senza imposizioni da sopra, ma lasciando spazio a un processo aperto e paritario. Non è possibile, infatti, pensare di risolvere i problemi collettivi di una comunità intera se non facendo leva sulle capacità della stessa comunità di fronteggiare i propri problemi”.   (2)

Guida relazionale

E' un ruolo di cui si sente massimamente la necessità. Non è previsto dall'ordinamento nè dalle prassi. Esistono tuttavia in Italia molte esperienze di successo al riguardo.

Fare la guida relazionale non è coordinamento il lavoro di specialisti nel lavoro di equipe perché non eroghino prestazioni sconnesse, ma prestazioni ben coordinate. Fa anche questo, ma dobbiamo avere
le giuste categorie. Si può coordinare un’equipe per fare un lavoro che è proprio di un’equipe di specialisti, perché è un lavoro specialistico. Si possono fare delle cose che producono cambiamenti in funzione diretta di queste cose, ed ecco il paradigma deterministico. Ho un’intenzione e manipolo la realtà per produrre un effetto, introduco una causa per ottenere un effetto. Quindi questa manipolazione vuol dire entrare dentro a dei meccanismi e sistemarli, modificarli, in senso specialistico, individualistico. Quando vediamo situazioni complesse, il nostro cervello per semplificare la realtà, per aiutarci a decodificare le situazione tende ad individualizzare; ad esempio: vedere chi è l’utente, e entrare dentro quella persona e scomporre per capire cosa è che non funziona, come se fosse un meccanismo rotto. Una volta che l’ho capito, manipolo per riparare un meccanismo.

Invece il paradigma relazionale è più ampio, ricomprende anche il paradigma erogativo, ma assorbe anche altro. Come è stato per la fisica di Einstein che non contraddice Newton, ma la ricomprende e la supera.
L’operatore ha in mente dei passaggi metodici, ma ha la mente sgombra dal punto di vista delle soluzioni preconfezionate, in quanto le decisioni devono nascere nel processo interattivo. Per l’operatore ci sono vantaggi e aiuti evidenti che arrivano su di lui. Vi è un’iterazione che ri-comprende gli stessi operatori in una condizione di parità sostanziale che tiene conto della specificità di ciascuno. Nella mia porzione specialistica svolgo il mio mestiere, ma mi trovo in una realtà interattiva.
Le interazioni stimolano l’intelligenza delle persone, il pensiero congiunto delle persone produce un miglior ragionamento. Il bene viene da una migliore intelligenza che viene dalla riflessività, dall’intelligenza compartecipata.
Se sono in situazione riflessiva devo essere relativamente in grado di adattarmi, anche se sono la guida, poiché la guida non è un conduttore. La guida interagisce e porta dei contributi metodici affinché la libertà possa trovare spazio.
Se non c’è qualcuno che guida il processo di fuoriuscita difficilmente le persone si muovono, altrimenti si sarebbero arrangiate da sole. Però bisogna considerare che le persone possono avere una forza, una capacità. La guida è dentro il processo e porta competenze metodologiche e nei contenuti ragiona con tutti gli altri. Bisogna tenere presente che la parte interlocutrice che noi incontriamo è capace di aiuto!
L’aiuto si elabora in entrambe le parti, si elabora quando entrambe le componenti spingono. Non c’è nessuna realtà vitale e importante che non sia bilaterale, la realtà è sempre relazionale.
Ad esempio: nel caso della rianimazione: il medico deve sapere bene cosa deve fare, conosce delle operazioni funzionalmente precise. Se sopravvivo è merito del medico, ma io sono stato resiliente.
Altrimenti avremmo detto: “operazione riuscita, paziente morto”. Se non ci fosse stato il contributo della mia parte, il medico avrebbe potuto fare anche tutto giusto, ma l’altra parte non avrebbe recepito.
In tutte le situazioni c’è sempre il contributo di entrambe le parti.  (3)

Partecipazione

Qui indico solo il principio, essenziale: l’elemento indispensabile per un autentico lavoro di comunità è la partecipazione, coinvolgendo realmente le persone, favorendo uno spazio aperto e paritario.

Persona al centro

E' un principio che oggi più che mai deve passare dalla carta scritta ai fatti concreti, piccoli e grandi.

Una carta scritta che per me è fondamentale e stupenda nella sua espressione è la nostra carta costituzionale a cui mi voglio brevemente riferire, con l'aiuto di Francesca Ferroni.

L’art. 2 della Costituzione introduce tre principi legati tra loro da un’intima connessione ovvero il principio personalista; quello del pluralismo sociale;
e, infine, quello solidarista.
Il primo trova il proprio fondamento nelle parole «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo» e rappresenta un principio cardine attorno al quale il sistema si fonda. L’affermazione di tale principio indica la volontà di porre al centro del sistema la persona umana. Lo Stato, dunque, assume una funzione strumentale di garanzia e di pieno sviluppo dell’umanità. Dato, questo, che si ricava dall’uso del termine «riconosce» che sta ad indicare l’anteriorità dei diritti dell’uomo rispetto allo Stato che, dunque, non li inventa né li crea dal nulla.  (4)

Professionalità

E' fondamentale che vi sia sempre competenza in ambito professionale, ma anche in ambito extra-professionale. Quindi in ogni dimensione e soprattutto in tutte le relazioni d'aiuto. La professionalità è una capacità ed è un modo di essere. Dice P. Amsterdam: "Il vero significato di professionalità è fare al meglio delle vostre possibilità tutto quello che la vostra mano trova da fare. Significa avere un desiderio di eccellere, non di fare solo il minimo o lavori a metà. Professionalità significa avere una buona etica del lavoro e ciò si traduce nel non essere contenti di avere un approccio così-così, ma piuttosto di impegnarsi a raggiungere il meglio che potete personalmente".

Così nel counselling e in ogni relazione d’aiuto, come subito sotto ripreso. (5)

Relazione d'aiuto

"Rappresenta il legame che si instaura tra una persona capace di dare aiuto e un’altra che ha bisogno di riceverlo” (Fabio Folgheraiter).

Lo stesso vale, pur in un contesto ben diverso, tra enti e facilitatori o guide relazionali.

Guardando per esempio ai servizi sociali di un ente territoriale, “è immediato pensare che l’aiuto arrivi attraverso la relazione che si crea tra la persona che si rivolge al servizio e l’operatore. In tal caso la relazione potrebbe essere così intesa come un legame esclusivo tra l’operatore e la persona stessa che chiede l’assistenza” (Chiara Avataneo).

Esistono almeno due elementi di rilievo nella Relazione d’Aiuto:

. un legame significativo che coinvolge entrambi, l’operatore e la persona  che chiede  l’assistenza (detta anche Cliente o Utente);

. un ponte tra una situazione attuale di chi è nel disagio e una situazione migliore, a cui  approdare grazie al sostegno dell’operatore (persona competente).    (6)

Senso di comunità

Ci si può chiedere quale sia la teoria generale sottesa alla nozione di senso di comunità. Possiamo individuare una contrapposizione di "risorsa" verso "responsabilità".
La prima parte dalla Teoria dei bisogni: la comunità è una risorsa che gli individui utilizzano per soddisfare una varietà di bisogni materiali e psicologici.

La seconda parte dal senso di rsponsabilità: è la risultante dell’interazione tra il modo con cui gli individui percepiscono la comunità e il loro sistema di credenze. Centrale è il ruolo  delle norme che agisce sul benessere attraverso l’impegno attivo.  (7)

Sviluppo del lavoro di rete

E' strettamento collegato a tutti i punti precedenti e in special modo ai primi tre. Tenuto conto che il lavoro di rete è uno strumento e non uno scopo, esso va utilizzato per individuare le competenze specifiche e la loro intervalorizzazione. Il lavoro di rete si attua attraverso l’espressione di reti differenziate a secondo degli obiettivi proposti e degli interlocutori individuati. La Rete è un attrezzo e non un mero scopo! Si estrinseca tramite l’integrazione sinergica e finalizzata di enti (operatori) diversi a livello dei mesosistemi. Si tratta di enti che mettono sinergicamente in moto le proprie risorse, nell’ambito delle reti primarie (neighborhood approach), per agire nelle reti spontanee dei soggetti fornendo: supporto sociale,
interventi spontanei, aiuti naturali “non professionali”, persone cardine, terapia di rete e mutuo aiuto.   (8)

Volontariato

Che cosa c'entra il volontariato? Credo sia importante tenerlo in conto, in quanto chi svolge tale attività dovrebbe mettere in campo una certa autodeterminazone dal momento che desidera, accetta e sceglie volontariamente di realizzare qualche cosa, senza aspettarsi un prezzo in cambio che non sia la soddisfazione di averlo fatto e fatto bene.

In effetti "per essere Volontari non occorre saper fare, ma saper essere. Il Volontariato è, in fin dei conti, un modo per relazionarsi agli altri, ed è un modo biunivoco: io do, ma anche ricevo, nella stessa maniera, dagli altri, da chi ha bisogno, e questo contribuisce ad abbassare lo scalino che c'è tra chi è Volontario e l'altro che ha bisogno, che tende la mano."

"Il Volontariato è un movimento che deve mirare davvero alla promozione dell'altro, non perché il Volontario ha le ricette per lui, ma perché si mette accanto a lui e cammina con lui. In questo senso il Volontariato è altamente educativo nel tirare fuori il meglio, il positivo dell'altro, le sue risorse, chiamandolo alla corresponsabilità, alla condivisione dei progetti, a risolvere i propri problemi".   

Il Volontariato si concretizza "in un'azione che, tramite il continuo confronto con la diversità dell'altro, conduce alla continua verifica di sé, della propria posizione sociale, ..., della propria storia personale."   (9)

.

Bibliografia - Fonti

1. Il counseling sociale, Manuela Naccari in prepos.it/counseling

2. https://dimmitiascolto.wordpress.com/2017/11/14/lavoro-di-comunita-e-partecipazione/

3. Appunti dal Corso di alta formazione per diventare Guida Relazionale a cura degli stagisti del Centro Studi Erickson (Trento, 19-20-21 ottobre 2017)

4. Francesca Ferroni, La Costituzione Italiana in Cisl/Agenda Scuola 20152016 

5. Peter Amsterdam - Una forza per il bene - agosto 2013 in anchor.tfionline.com

6. https://dimmitiascolto.wordpress.com/2017/10/22/dalla-relazione-allaiuto/

7. Senso di comunità in Psicologia di Comunità - Corso di Laurea in Scienze e tecniche psicologiche a cura dei Proff. Massimo Santinello e Marta Gaboardi

8. federica.unina.it/lettere-e-filosofia/psicologia-sociale-comunita/legami-comunita/

9. E. Capitani marzo 2014 dal gruppo Facebook >>> Vado Volontario ... Volontario chi?

.